Vichara

Mercoledì 19 Dicembre 2012 17:17
Durante la pratica della meditazione, di qualunque tecnica di meditazione, si manifesta spontaneamente uno stato mentale che sorge dai condizionamenti inconsci (samskara), che separa la mente in due differenti entità: il soggetto che pratica la meditazione – e il soggetto che osserva l’atto del meditare e che è in attesa di riceverne i frutti.
Da questa dualità della mente non può scaturire lo stato di silenzio che dovrebbe essere il frutto della pratica meditativa. L’ego viene nutrito da questa dualità e continua ad essere egli l’artefice della pratica della meditazione.
La meditazione praticata in questo modo non riesce a forare il muro dell’ignoranza interiore e la coscienza resta prigioniera dei meccanismi psicologici della mente.
Nella pratica del Vichara, la pratica della presenza interiore, invece, non c’è più l’atto del meditare e scompare la dualità; così, quando il gruppo di praticanti è sostenuto dalla divina Shakti, veicolata dalla presenza di un canale da lei scelto, le menti di tutti i partecipanti sono guidate silenziosamente da questo potere superiore verso l’esperienza interiore.
Questa esperienza non è improvvisa o eclatante, ma si manifesta dolcemente, quasi timidamente, come lo sbocciare della rosa.